tasse e compensazione di crediti

                                                                                             
In presenza di somme iscritte a ruolo derivanti da debiti aventi natura diversa da quella erariale ( ad esempio ICI, contributi previdenziali INPS per dipendenti, artigiani, commercianti, etc) non è preclusa la compensazione nel modello F24 tra credito
erariale spettante e i tributi dovuti.

Il Sole 24 Ore

Compensazione anche retroattiva (Breve, pag. 34)
Con sentenza n. 23787 del 24.11.2010, la Corte di Cassazione ha stabilito che la compensazione tra crediti e debiti tributari era ammessa anche prima dell’entrata in vigore dello Statuto del contribuente, in quanto si tratta di un principio immanente dell’ordinamento


Sergio Trovato
del 01/08/2012
La compensazione tra crediti e debiti fiscali è un principio immanente nell'ordinamento italiano anche prima della sua codificazione avvenuta nel 2000 con l'emanazione dello Statuto dei diritti del contribuente. È infatti ammessa la compensazione tra debiti e crediti di natura tributaria nonostante non sia stato ancora emanato il regolamento attuativo. Qualora il contribuente provi di avere un credito nei confronti del fisco, il giudice può disporre la compensazione in sede giudiziale e annullare la cartella di pagamento con la quale viene richiesto il pagamento di un tributo da parte dell'amministrazione finanziaria. Lo ha stabilito la Commissione tributaria di primo grado di Trento, prima sezione, con la sentenza n. 81 del 19 giugno 2012.L'articolo 8 dello Statuto del contribuente (legge 212/2000) prevede che l'obbligazione tributaria possa essere estinta anche per compensazione. La norma, però, demanda ad appositi regolamenti la disciplina dell'istituto, ferme restando in via transitoria le disposizioni già vigenti. Per il giudice tributario, non si può negare al contribuente un diritto riconosciutogli dalla legge solo perché, a distanza di dodici anni, il ministero dell'economia e delle finanze non ha ancora ritenuto di emanare i regolamenti di esecuzione. Infatti, «ove si dovesse ritenere che l'operatività della compensazione sia condizionata dai regolamenti amministrativi, si verrebbe a ritenere che la disciplina della compensazione sarebbe rimessa non alla legge, ma a regolamenti, cioè ad atti amministrativi». Inoltre se il fisco continua a incassare, pur essendo debitore nei confronti del privato, si viene a trovare nella disponibilità di somme che non gli sono dovute, «con evidente lesione anche del principio di capacità contributiva». Quindi, anche in sede giudiziale, possono essere applicati i principi che disciplinano la compensazione e, in particolare, l'articolo 1243 del Codice civile che «consente al giudice di sospendere la condanna per il credito liquido, fino all'accertamento del credito opposto in compensazione».Nella pronuncia viene richiamato l'orientamento della giurisprudenza sulla questione sia favorevole che contrario all'operatività della compensazione. In un primo momento la Cassazione (sentenza 12262/2007) aveva escluso che il contribuente potesse estinguere per compensazione crediti e debiti fiscali, riconoscendo all'articolo 8 la natura di disposizione programmatica. Dunque, improduttiva di effetti in assenza del regolamento attuativo. Con la sentenza 23787/2010, invece, la Suprema corte mostra una maggiore apertura sull'ammissibilità della compensazione nel rispetto delle regole della «bona fide» e della correttezza, quali principi cardine dell'attività amministrativa. Anche la Commissione tributaria provinciale di Parma (sentenza 37/2009) ha ritenuto legittima l'istanza di compensazione tra i crediti esposti in cartella e quelli maturati dal contribuente verso l'Erario.


 






 

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