CLASS ACTION


CASO
La Class action è l’azione collettiva risarcitoria posta a tutela di consumatori o utenti riuniti in un’associazione o un comitato che promuove un giudizio richiedendo la pronuncia su casi comuni ad altri individui, che accerti e risarcisca i danni patiti.
Nata con la l. n. 244 del 24 dicembre 2007, è stata oggetto di modifica con l. n. 99 del 23 luglio 2009 che ha riformato l'articolo 140-bis del codice del consumo, d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
L’azione collettiva risarcitoria nasce sotto un governo di centro sinistra in occasione della votazione della legge finanziaria, quando -piccolo aneddoto- un parlamentare dell’opposizione, in mancanza dei numeri della maggioranza per approvarne la legge, pigia per errore il pulsante di votazione determinate l’approvazione.
Fatta la premessa storica, e senza dilungarci sulle peculiarità dell’allora neo-istituto, essendo stato oggi massicciamente trasformato, osserviamo che l’azione collettiva presenta forti caratteri comparati con il diritto anglosassone; di qui critiche e perplessità attuali, per essere il nostro diritto scritto, e quello “comune” incentrato soprattutto su casi e precedenti.
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Le novità, fanno ragionare sulla questione più significativa della normativa: quella dell’aspetto processuale e della legittimazione attiva. La legittimazione, infatti, è stata ampliata, pur presentando l’istituto ancora luci ed ombre, la cui portata potrà essere superata solo con l’entrata in vigore della legge e l’effettivo ricorso alla stessa, come previsto per il 1 gennaio 2010.
La prassi e utilizzo pratico dell’istituto offriranno lo spunto per dare un giudizio a freddo sulla bontà della normativa, fatte salve, naturalmente, le osservazioni qui di seguito proposte.
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Legittimazione attiva: Associazione e comitati. Art 1 comma 1° l. 99/09.
La novella ha inserito nel novero degli enti che possono ricorrere alla class action i comitati, di cui al primo libro del codice civile. La modifica è da considerarsi opportuna perché soprattutto i comitati, con il loro carattere di spontaneità, possono trattare questioni contingenti che attengono ad imprese che hanno immesso sul mercato prodotti viziati o creato contratti con condizioni generali di contratto vessatorie, o ancora, dato vita ad operazioni di cartello.
Come presentata la normativa, anche per questo ampliamento di legittimazione, il giurista, ancor prima che la prassi possa decretare il successo o l’insuccesso dell’istituto, si chiede come verranno valutate le associazioni e i comitati dall’autorità giudiziaria.
Si segnala a tal proposito l’abrogazione della prima stesura della norma che aveva riferito l’esperibilità dell’azione ad associazioni e comitati di rilevanza nazionale; mentre la più generica espressione [ciascun componente della classe]…[può agire …] “anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa” viene incontro a realtà del territorio nazionale sia di alta densità abitativa, sia ai centri di piccole dimensioni.
Pur tuttavia ancora non è chiaro come si concili la valutazione del giudicante sulla capacità e idoneità del proponente di ricorrere all’azione.
La norma, sul punto, non è chiara e dà adito a dubbi sull’eccessivo potere giudiziario nel valutare l’ammissibilità dell’azione.
Detto esplicitamente, non si ritiene che si debba lasciare al giudice la possibilità di valutare se, nel caso concreto occorsogli, possa riconoscere o meno la bontà della class action, ma valutare positivamente nel complesso una parte plurisoggettiva che chiede, analogamente all’individuo singolo, tutela giudiziale.
Più deciso, inoltre, poteva essere il legislatore nell’annoverare tra i legittimati all’azione i risparmiatori, ossia gli investitori di prodotti finanziari, che rappresentano, nell’ultimo decennio, le categorie sociali che maggiormente potranno far ricorso all’istituto per vedere accolte le loro istanze di risarcimento avverso una “finanza creativa” di contratti tra intermediari e investitori di prodotti finanziari (si pensi ai c.d. “titoli spazzatura”).
Soprattutto a queste categorie è offerta la possibilità con l’esperimento della class action, anche semplicemente aderendovi, di non accettare transazioni umilianti proposte da associazioni di consumatori che hanno raccolto in passato micro contributi “moltiplicati per 1000”, senza portare a termine forme risarcitorie, restitutorie o di indennizzo per danni sofferti.
Tutela. Art 1 comma 2°.
Con tecnica di diritto nostrana il legislatore individua le fattispecie pluri offensive tutelabili con la class action; che sono: a) i diritti contrattuali di pluralità di consumatori o utenti (anche conclusi attraverso moduli o formulari -1341, 1342- di una pluralità di consumatori e utenti; b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore; c) i diritti derivanti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
Sul punto non esprimiamo particolari riserve, salvo immaginare esperibile una class action anche per questioni ambientali o sanitarie. Fermo restando l’ormai nota introduzione di una class action pubblica di cui alla ( ) L. 4.3.2009 n. 15 che consente alle associazione e ai comitati di agire contro la pubblica amministrazione.
Adesione. Art 1 comma 3°.
L’azione collettiva è imperniata sull’adesione, di cui ai contratti per adesione (art. 1333 c.c.) a loro volta contenenti un’offerta al pubblico (art 1989 c.c.). Da questo punto di osservazione il cittadino, nell’accettare l’offerta e nell’ “aderire al contratto”, prende parte ad un’azione esistente, facendo salvo -diversamente- il potere di agire autonomamente.
Anche in questo caso il giudice non avrà, né dovrà avere, un potere di sindacabilità eccessiva, perché saranno i singoli a stabilire se adire l’autorità “singolarmente” -facendo salvi in tal caso più ampi poteri- o a un livello associativo, più volgarmente detto di tipo “consorziale”.
Quanto alla prescrizione si segnala che essa, conformante ai principi di legge, art. 2943 e 2945 c.c., decorrono dalla notificazione della domanda e anche dal deposito dell'atto di adesione.
Domanda. Art 1 comma 4° e 5°.
La domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa, e si propone con atto di citazione.
Saltano agli occhi le vistose eccezioni ai principi di cui agli artt. 163 e ss. c.p.c. di cui al 6° comma del riformato 140 bis che si analizzano qui di seguito.
Ammissibilità della domanda; normativa processuale dedicata; confronto con l’art. 163 e ss. C.p.c. Art. 1 comma 6°.
Al comma 6° constatiamo le vistose innovazioni processuali. Sono quelle che, fermo restando i casi di nullità e rinnovazione della citazione -essendo la class action esperibile sotto forma di atto di citazione- sono così espresse: “La domanda è dichiarata inammissibile: quando è manifestamente infondata; quando sussiste un conflitto di interessi; ovvero quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma; nonchè quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.
Queste limitazioni possono tradursi in ostacoli a piccoli o medi studi legali, di poter ricorrere all’istituto, soprattutto se il giudizio sulla sopportabilità dell’azione sia scarsamente circoscritto, come nell’attuale normativa, che riferisce di un potenziale proponente “non in grado di curare adeguatamente l’interesse della classe”.
Reclamabilità. Art 1 comma 7°.
Coerente con i principi di diritto, la reclamabilità dell’ordinanza (di ammissione o di rigetto dell’azione) in Corte di Appello, nei quaranta giorni dal deposito del ricorso; anche se osserviamo che il legislatore, con lapsus calami, avrebbe dovuto più correttamente ridefinirlo atto di citazione, anziché ricorso.
Spese e pubblicità. Art 1 comma 8°e 9°.
Sono da ritenersi potenzialmente onerosi e non è chiaro a chi vadano addossati i costi della pubblicità. Il relativo costo ci fa immaginare l’acquisto di pagine di giornali, od altre forme onerose in contrasto con lo spirito della norma, che è quello di tutelare consumatori e utenti che in prima istanza o con adesione e “senza ministero di difensore” vogliano aderire ad un’azione già intentata.
Ancora una volta constatiamo l’eccessiva discrezionalità del giudicante che valuta e decide con ordinanza “i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione”.
Rileviamo con riferimento alla pubblicità, l’affinità della stessa con la esistente notifica per pubblici proclami, della quale ricordiamo gli oneri di spesa a carico del proponente. (art 150 c.p.c.)
Esclusione dell’intervento di terzo. Art 1 comma 10°.
L’esclusione del diritto di intervento di cui al 105 c.p.c., si giustifica con il diritto di adesione.
Equa, efficace e sollecita gestione del processo. Art 1 comma 11°.
La dicitura del comma in esame ricalca la calendarizzazione del processo di cui alla recente riforma del codice di rito.
Sulla questione esprimiamo dubbi e riserve essendo la libera calendarizzazione sin dalla riforma del 1996, una prerogativa del giudicante, che gestisce il proprio ruolo in assoluta autonomia e senza subirne pressioni o indicazioni da parte dell’avvocatura.
Auspichiamo in tal senso il riconoscimento della necessità della calendarizzazione, ma come vincolo per il giudice, obbligato di conseguenza a rispettare l’ordine cronologico delle domande stesse va sans dire, le conseguenti scadenze dei termini e della lunghezza del procedimento.
Accoglimento della domanda. Art. 1 comma 12°.
Ampi poteri del giudice anche nel definire i criteri di risarcimento dei danni. Prova ne sia il disposto dell’art 1226 c.c. e la facoltà di decidersi secondo equità.
Cominciamo a ridimensionare, dopo gli eccessi vistosi che abbiamo vissuto per decine di anni, la discrezionalità del giudice, il cui potere di decidere lo ha fatto apparire legibus solutus, quando invece anch’egli è tenuto ad una equa valutazione tra pregiudizi sofferti e risarcimento, in accorta analogia con quanto praticato nel diritto anglosassone rispettoso tanto del giudice quanto dei precedenti.
A tal proposito si segnala favorevole, l’esecutività della sentenza, entro 180 giorni dalla relativa emanazione.
Da respingersi a piena voce l’ultima -scandalosa- parte del comma 12° che libera le pubbliche amministrazioni dal diritto del maturarsi di interessi.
Provvisoria esecuzione e deposito delle somme. Art 1 comma 13°.
La provvisoria esecuzione della sentenza di primo grado resiste anche in appello, infatti la Corte d'appello [può] disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute più opportune.
Ne bis in idem e riassunzione. Art 1 comma 14°.
Ancora di buon senso, e rispondente ai principi processuali, il 14° comma nella parte in cui regola il bis in idem e l’ordine di riassunzione ove il giudice ravvisi le dedotte ed avverse pregiudiziali di rito.
Fatti salvi i diritti dei terzi. Art 1 comma 15°.
Le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito, facendo salvi tali diritti anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo.
Retroattività. Art 2.
Non è prevista la retroattività della legge, prendendosi atto che per alcune fattispecie attinenti il passato le associazioni di difesa dei consumatori hanno espresso vistose critiche e riserve vistose.
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E’ fuor di dubbio che la Class Action sia l’istituto di azione collettiva (ma non collettivista) che il nostro ordinamento non poteva ignorare, siccome suggerito, diremo imposto, da una direttiva comunitaria.
Soprattutto volto a superare i problemi della giustizia, oggi sommersa di ricorsi ed azioni civili che spesso hanno lo stesso petitum o causa petendi e che si distinguono solo per gli individui che le hanno azionate.
Immaginiamo e ricordiamo che molti PQM sono di identica stesura e, corretta ed irrinunciabile, è l’idea di predisporre strumenti processuali volti a superare l’ingolfamento delle sezioni civili dei nostri tribunali da parte di vertenze di tipo analogo.
Nelle procedure oggi abrogate del processo societario si sono segnalate udienze collegiali ripetitive, che hanno analizzato troppi casi come quelli dei bond argentini o dei bond Cirio, successivamente conclusesi con accoglimento delle domande, in un sostanziale ed inutile appesantimento del lavoro dei magistrati.
In particolare si segnala Direttiva 98/27/EC del 19 maggio 1998, relativa a provvedimenti inibitori a tutela degli interessi dei consumatori.
PROPOSTA
Dalla carrellata proposta e valutati con favore molti dei principi della normativa si propone di rivedere la eccessiva discrezionalità del giudice nel valutare l’adeguatezza di chi esperisce l’azione; la facoltà di decidere secondo equità; il congelamento della produzione di interessi. (commi 6°; 11° e 12°).
Suggeriamo in proposito di ricondurre la class action entro i principi processuali di cui agli art 163 e ss. c.p.c., ritenendo che pretestuosità dell’azione e corrispondente temerarietà della stessa, possano essere valutati con le esistenti norme processualcivilistiche.
ARTICOLO
proposte di modifica dell’art 1 commi 6°; 11° e 12°

comma 6°
All'esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti a un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. La domanda è dichiarata inammissibile: quando è manifestamente infondata; quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma ; nonchè quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.

comma 11°
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e sollecita gestione del processo, con termini perentori anche a suo carico. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.


Comma 12°
Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all'azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. In caso di accoglimento di un'azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate. La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza.

L'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è sostituito dal seguente:
comma 1 diritti individuali omogenei dei consumatori e degli utenti di cui al comma 2 sono tutelabili anche attraverso l'azione di classe, secondo le previsioni del presente articolo. A tal fine ciascun componente della classe, anche mediante associazioni cui dà mandato o comitati cui partecipa, può agire per l'accertamento della responsabilità e per la condanna al risarcimento del danno e alle restituzioni.
comma 2 L'azione tutela
a) i diritti contrattuali di una pluralità di consumatori e utenti che versano nei confronti di una stessa impresa in situazione identica, inclusi i diritti relativi a contratti stipulati ai sensi degli articoli 1341 e 1342 del codice civile;b) i diritti identici spettanti ai consumatori finali di un determinato prodotto nei confronti del relativo produttore, anche a prescindere da un diretto rapporto contrattuale; c) i diritti identici al ristoro del pregiudizio derivante agli stessi consumatori e utenti da pratiche commerciali scorrette o da comportamenti anticoncorrenziali.
comma 3 Adesione
I consumatori e utenti che intendono avvalersi della tutela di cui al presente articolo aderiscono all'azione di classe, senza ministero di difensore. L'adesione comporta rinuncia a ogni azione restitutoria o risarcitoria individuale fondata sul medesimo titolo, salvo quanto previsto dal comma 15. L'atto di adesione, contenente, oltre all'elezione di domicilio, l'indicazione degli elementi costitutivi del diritto fatto valere con la relativa documentazione probatoria, è depositato in cancelleria, anche tramite l'attore, nel termine di cui al comma 9, lettera b). Gli effetti sulla prescrizione ai sensi degli articoli 2943 e 2945 del codice civile decorrono dalla notificazione della domanda e, per coloro che hanno aderito successivamente, dal deposito dell'atto di adesione.
comma 4 Domanda
La domanda è proposta al tribunale ordinario avente sede nel capoluogo della regione in cui ha sede l'impresa, ma per la Valle d'Aosta è competente il tribunale di Torino, per il Trentino-Alto Adige e il Friuli-Venezia Giulia è competente il tribunale di Venezia, per le Marche, l'Umbria, l'Abruzzo e il Molise è competente il tribunale di Roma e per la Basilicata e la Calabria è competente il tribunale di Napoli. Il tribunale tratta la causa in composizione collegiale.
comma 5 La domanda si propone con atto di citazione notificato anche all'ufficio del pubblico ministero presso il tribunale adìto, il quale può intervenire limitatamente al giudizio di ammissibilità.
comma 6 ammissibilità della domanda
All'esito della prima udienza il tribunale decide con ordinanza sull'ammissibilità della domanda, ma può sospendere il giudizio quando sui fatti rilevanti ai fini del decidere è in corso un'istruttoria davanti a un'autorità indipendente ovvero un giudizio davanti al giudice amministrativo. La domanda è dichiarata inammissibile: quando è manifestamente infondata; quando sussiste un conflitto di interessi ovvero quando il giudice non ravvisa l'identità dei diritti individuali tutelabili ai sensi del comma ; nonchè quando il proponente non appare in grado di curare adeguatamente l'interesse della classe.
comma 7 ordinanza
L'ordinanza che decide sulla ammissibilità è reclamabile davanti alla corte d'appello nel termine perentorio di trenta giorni dalla sua comunicazione o notificazione se anteriore. Sul reclamo la corte d'appello decide con ordinanza in camera di consiglio non oltre quaranta giorni dal deposito del ricorso. Il reclamo dell'ordinanza ammissiva non sospende il procedimento davanti al tribunale.
comma 8 spese, pubblicità e 96 c.p.c.
Con l'ordinanza di inammissibilità, il giudice regola le spese, anche ai sensi dell'articolo 96 del codice di procedura civile, e ordina la più opportuna pubblicità a cura e spese del soccombente.
comma 9 legittimazione ad agire
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale fissa termini e modalità della più opportuna pubblicità, ai fini della tempestiva adesione degli appartenenti alla classe. L'esecuzione della pubblicità è condizione di procedibilità della domanda. Con la stessa ordinanza il tribunale:
a) definisce i caratteri dei diritti individuali oggetto del giudizio, specificando i criteri in base ai quali i soggetti che chiedono di aderire sono inclusi nella classe o devono ritenersi esclusi dall'azione; b) fissa un termine perentorio, non superiore a centoventi giorni dalla scadenza di quello per l'esecuzione della pubblicità, entro il quale gli atti di adesione, anche a mezzo dell'attore, sono depositati in cancelleria. Copia dell'ordinanza è trasmessa, a cura della cancelleria, al Ministero dello sviluppo economico che ne cura ulteriori forme di pubblicità, anche mediante la pubblicazione sul relativo sito internet.
Comma 10 esclusione intervento ex art 105 c.p.c.
È escluso l'intervento di terzi ai sensi dell'articolo 105 del codice di procedura civile.
comma 11 determinazione corso procedura
Con l'ordinanza con cui ammette l'azione il tribunale determina altresì il corso della procedura assicurando, nel rispetto del contraddittorio, l'equa, efficace e sollecita gestione del processo. Con la stessa o con successiva ordinanza, modificabile o revocabile in ogni tempo, il tribunale prescrive le misure atte a evitare indebite ripetizioni o complicazioni nella presentazione di prove o argomenti; onera le parti della pubblicità ritenuta necessaria a tutela degli aderenti; regola nel modo che ritiene più opportuno l'istruzione probatoria e disciplina ogni altra questione di rito, omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio.
comma 12 accoglimento domanda
Se accoglie la domanda, il tribunale pronuncia sentenza di condanna con cui liquida, ai sensi dell'articolo 1226 del codice civile, le somme definitive dovute a coloro che hanno aderito all'azione o stabilisce il criterio omogeneo di calcolo per la liquidazione di dette somme. In caso di accoglimento di un'azione di classe proposta nei confronti di gestori di servizi pubblici o di pubblica utilità, il tribunale tiene conto di quanto riconosciuto in favore degli utenti e dei consumatori danneggiati nelle relative carte dei servizi eventualmente emanate. La sentenza diviene esecutiva decorsi centottanta giorni dalla pubblicazione. I pagamenti delle somme dovute effettuati durante tale periodo sono esenti da ogni diritto e incremento, anche per gli accessori di legge maturati dopo la pubblicazione della sentenza.
comma 13 corte d'appello
La corte d'appello, richiesta dei provvedimenti di cui all'articolo 283 del codice di procedura civile, tiene altresì conto dell'entità complessiva della somma gravante sul debitore, del numero dei creditori, nonchè delle connesse difficoltà di ripetizione in caso di accoglimento del gravame. La corte può comunque disporre che, fino al passaggio in giudicato della sentenza, la somma complessivamente dovuta dal debitore sia depositata e resti vincolata nelle forme ritenute più opportune.
comma 14 sentenza
La sentenza che definisce il giudizio fa stato anche nei confronti degli aderenti. È fatta salva l'azione individuale dei soggetti che non aderiscono all'azione collettiva. Non sono proponibili ulteriori azioni di classe per i medesimi fatti e nei confronti della stessa impresa dopo la scadenza del termine per l'adesione assegnato dal giudice ai sensi del comma 9. Quelle proposte entro detto termine sono riunite d'ufficio se pendenti davanti allo stesso tribunale; altrimenti il giudice successivamente adìto ordina la cancellazione della causa dal ruolo, assegnando un termine perentorio non superiore a sessanta giorni per la riassunzione davanti al primo giudice.
comma 15 inefficacia erga omnes di rinunce e transazioni
Le rinunce e le transazioni intervenute tra le parti non pregiudicano i diritti degli aderenti che non vi hanno espressamente consentito. Gli stessi diritti sono fatti salvi anche nei casi di estinzione del giudizio o di chiusura anticipata del processo».
Le disposizioni dell'articolo 140-bis del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, come sostituito dal comma 1 del presente articolo, si applicano agli illeciti compiuti successivamente alla data di entrata
in vigore della presente legge
22.12.2009
Maria Giovanna Villari

1 commento:

  1. Critche ed osservazioni
    1) paura all’attacco diretto ai giudici espresso chiaramente o in modo più indiretto: risponderò che è sempre il tempo di sottoporre a critica la magistratura italiana, soprattutto in questo momento in cui parti politiche opposte concordano sulla necessità di affrontare il problema;
    2) sui vari punti, es. euità, prescrizione, adesione, citazione, diritti tutelabili, legittimazione attiva, non è il caso di puntualizzare ogni singola voce senza aver dichiarato esattamente qual è la propria visione di assieme. Non si è d’accordo che bisogna lasciare uno spazio al cittadino e per lui all’avvocato che lo difende senza essere ingabbiato troppo nella burocrazia delle nostre stesse associazioni. Lo si dica chiaramente. E anche se lo si dice si comprende che una rigida difesa di ufficio di tutto quello che hanno potuto fare o non hanno fatto le nostre stesse associazioni per velocizzare i procedimenti e rispettare le volontà individuali espresse per mezzo di avvocati, non permette di arrivare ad una riforma concordata. Ma solo di stroncare studi approfonditi ad ogni buon conto come quello che ho presentato. Dunque le singole critiche accettabilissime devono scegliere la strada se difendere a tutti i costi lo status quo ma sperandolo con piccole modifiche o riformare una volta per tutte l’istituto della class action.

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